‘Il limite che mi conteneva nell’ordine’
Il dramma vitale in Messico di Emilio Cecchi
DOI:
https://doi.org/10.18352/inc11680Parole chiave:
emilio cecchi, messico, letteratura di viaggio, reportage letterario, montaggio cinematograficoAbstract
Emilio Cecchi (1884-1966) raggiunge gli Stati Uniti nell’agosto del 1930, chiamato come visiting professor dall’Università della California, a Berkeley. Dopo il semestre di lezioni, visita il Messico, passando per l’Arizona e il Nuovo Messico. Messico (1932) nasce da questa esperienza. Il volume è il primo reportage letterario dell’autore: una raccolta di prose, precedentemente pubblicate, per la maggior parte, sulle terze pagine del quotidiano milanese, il «Corriere della Sera». Il presente articolo si concentra, nello specifico, sul passaggio dalla forma del saggio – che l’autore aveva sperimentato con successo nella sua prima raccolta, Pesci rossi (1920) – a quella del reportage letterario. E verranno presi in considerazione alcuni fattori esterni che potrebbero aver collaborato a questa transizione. Per cominciare, ci si occuperà dell’influenza delle teorie sul tempo di Henri Bergson (1859-1941); per poi passare all’importanza svolta dai saggi sul montaggio cinematografico sulla prosa e sulla struttura di Messico; in particolare, ci si soffermerà sugli scritti di Sergej Michajlovič Ejzenštejn (1898-1948), che Cecchi molto probabilmente conosceva fin dalle prime traduzioni. Infine, come conclusione, si cercherà di mostrare come, anche grazie a questi fattori esterni, la prosa di Messico riesca a concretizzare l’uso dello stile come ‘strumento di scavo’ – come metodo di comprensione e, allo stesso tempo, espressione esatta dell’esperienza reale.
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