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Appunti per un’eredità pasoliniana nei versi di Amelia Rosselli.
DOI:
https://doi.org/10.18352/inc17415Parole chiave:
Pier Paolo Pasolini, Amelia Rosselli, lapsus, ereditàAbstract
Amelia Rosselli e Pier Paolo Pasolini rappresentano due tra i personaggi più rilevanti della seconda metà del Novecento italiano. La loro diversità e indipendenza rispetto alle altre prospettive culturali e letterarie dell’epoca sono eloquenti e favoriscono una critica molto interessante, in particolare rispetto al panorama poetico. Pasolini viene sempre studiato come intellettuale completo, mentre la Rosselli è la poetessa del lapsus e del trilinguismo. Il contributo si propone di analizzare il rapporto tra i due, partendo dalla responsabilità ricoperta da Pasolini durante la presentazione della Rosselli al pubblico, grazie alla pubblicazione di ventiquattro sue poesie sul «Menabò». Il percorso mira ad analizzare alcune suggestioni, partendo dalla lettura delle opere di Amelia Rosselli, da Variazioni belliche a Impromptu, per mettere in luce il rapporto di superamento, ma anche di rispetto, che intercorre tra queste figure. Sarà discussa la presunta dipendenza di Amelia Rosselli rispetto al lessico pasoliniano, ma anche la sua capacità di leggerne e trasformarne le tematiche. Leggendo alcuni cardini poetici dei due autori, si potrà lasciare spazio alle relazioni più o meno esplicite che li collegano, mettendo a confronto l’uso differente della lingua. La Rosselli è una poetessa "smisurata" e molto colta, che grazie ai suoi testi scalfisce la corazza del secondo Novecento, operando una vera e propria rivoluzione in ambito poetico. Pasolini non poteva che rimanere colpito dalla sua abilità e diversità, anche se lui stesso, poeta e corsaro, commette alcuni errori di semplificazione, forse per l’eccessiva fretta nel voler essere considerato lo scopritore di una poetessa d’eccezione.
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